165mila imprese giovanili in meno in 10 anni: a Bari le sfide degli under 40 con i vertici di Fedagro

C’erano anche il presidente di Fedagro Giovani Gianpaolo Forcina e il vicepresidente Edoardo Rovetta alla quattordicesima edizione del Forum nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio sul tema “Territorio, territori” che si è appena concluso alla fiera del Levante di Bari.

Una due giorni per analizzare e dibattere, con il contributo di docenti, esperti, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni, i processi di cambiamento e le innovazioni che stanno investendo le giovani imprese oggi e capire come i giovani e, più in generale, tutto il sistema di imprese possano contribuire allo sviluppo del nostro Paese in una prospettiva di crescita robusta e duratura. Soprattutto oggi, alla luce del difficile contesto in cui queste imprese si trovano a vivere e ad operare.

Dal 2011 ad oggi, stando all’ufficio studi Confcommercio, sono scomparse 165mila imprese giovanili, con il tasso di imprenditoria giovanile che si è di conseguenza ridotto del 2,9%. Un fenomeno che è costato al Paese 42 miliardi di mancato PIL; se nei prossimi dieci anni la quota di queste imprese crescesse del 5%, nel 2033 la quota di Pil aggiuntiva sarebbe pari ad oltre 74 miliardi.

Il tema dei ricambio generazionale è sentitissimo, anche e soprattutto nel settore ortofrutticolo, in particolare proprio nel mondo dell’ingrosso.

Nel suo intervento di apertura al Forum il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli ha detto che “nel nostro Paese attualmente sono attive quattro grandi crisi: demografica, della diseguaglianza, della diseducazione, della disgregazione del territorio. Di fronte a queste crisi non possiamo volgere lo sguardo altrove perché ne va della tenuta come sistema-Paese”.

Sangalli ha concluso affrontando il tema cardine della ricerca presentata in occasione del Forum: “Credo sia importante non far passare un concetto di sostenibilità solo come impatto zero, la sostenibilità dovrebbe avere invece un impatto sul mondo, cambiarlo, e un’impresa dovrebbe essere valutata non solo perché non spreca ma per quanto genera. Potremmo chiamarla sostenibilità generativa”.

Fonte: Corriere Ortofrutticolo